Storia di Bodhidharma e del monastero di Shao-Lin
Il monaco indiano Bodhidharma, ventottesimo patriarca dopo Gotama Buddha, conosciuto col nome giapponese di Daruma Taishi e col nome cinese di Ta Mo, vissuto presumibilmente tra il 448 ed il 527 d.C., discendente da stirpe reale, fin da ragazzo fu avviato allo studio delle arti di combattimento, chiamate Vajramushti e praticate dai Kshatria, una casta guerriera indiana paragonabile ai samurai giapponesi.
Bodhidharma lasciò il monastero a sud dell’India alla volta della Cina per diffondere il buddismo Ch’an. Il nome dei questa forma di buddismo Ch’an deriva dal sanscrito Dhyana che significa meditazione; successivamente si diffuse in Giappone prendendo il nome di Zen.
Percorrendo una distanza di duemila miglia e superando le avversità del cammino, Bodhidharma, dopo anni, arrivò in Cina. In quel periodo la Cina era divisa in regni. L’imperatore Wu del regno di Liang era un uomo religioso ed impegnato nella diffusione del buddismo. Quando Bodhidharma arrivò nella capitale fu ricevuto dall’imperatore, con il quale non andò d’accordo, in quanto la diffusione del buddismo dell’imperatore era pratica esteriore, mentre per Bodhidharma la pratica era un mezzo per raggiungere “l’illuminazione”, la conoscenza intuitiva. Questo fu il motivo per il quale Bodhidharma fu costretto a lasciare il regno dell’imperatore Wu.
Bodhidharma attraversò il fiume Yang Tze e si diresse a nord verso Loyang, la capitale della proviancia di Honan, giungendo al monastero Shao-Lin (Shorin-Ji in giapponese).
Qui il capo monaco, timoroso che la nuova dottrina potesse in qualche modo turbare la pace del monastero, lo invitò a rimanere fuori dal tempio. Bodhidharma si rifugiò in una grotta vicino al monastero e stette per nove anni in meditazione, senza reagire alle impressioni e agli stimoli esterni, praticando la filosofia del silenzio al mattino ed alla sera in posizione Zazen.
Il capo monaco riconoscendo la forte personalità di Bodhidharma non potè far altro che accettarlo nel monastero. Bodhidharma divenne così il primo patriarca (Tzu) della setta Ch’an in Cina.
Durante gli anni che seguirono, mentre teneva una lezione sul buddismo, vide cadere i suoi allievi per la durezza di questa disciplina. In seguito concepì un metodo di allenamento fisico chiamato Ekkin-kyo, capace di conferire ai suoi discepoli una forma di resistenza necessaria per superare la rigida disciplina imposta dalla loro religione.
Sebbene la via di Buddha venga praticata per l’anima, il corpo e l’anima sono inseparabili. La pratica fisica divenne una parte importante nella vita che si svolgeva nel monastero di Shao-Lin. Bodhidharma sviluppò tra l’altro una tecnica di respirazione chiamata Chin-Ching. Questa tecnica ha lo scopo di sviluppare il Ki, la forza interna, l’elemento vitale del corpo che può essere controllato da una respirazione regolata.
Con i metodi adottati era riuscito a trasformare radicalmente la salute ed il fisico dei suoi allievi, che riuscivano ad ottenere i più alti traguardi spirituali. Bodhidharma, essendo un esperto conoscitore di combattimento, elaborò lo Shaolin Chan Fa, che doveva servire ai suoi monaci come forma di difesa personale contro gli attacchi dei banditi. In un primo tempo lo Shaolin veniva insegnato ai soli monaci del tempio; dopo la morte di Bodhidharma il tempio subì parecchi incendi, tanto che alla fine fu completamente distrutto, provocando la dispersione dei monaci. Costoro, non ignorando le esigenze del popolo, diffusero lo Shaolin, ma andò persa la connessione voluta da Bodhidharma tra corpo e spirito.
Si sviluppò infatti semplicemente come tecnica di combattimento e prese il nome di Kung-Fu. Questo fu il carattere con cui raggiunse le isole Ryu-Kyu, sviluppandosi in seguito in Okinawa-Te, e successivamente, nel Karate di oggi.
Storia del Karate
Prima del 1429 l’arcipelago delle Ryu-Kyu era diviso in tre regni:
– Chuzan
– Nanzan
– Hokuzan
Il re Shohashi, dopo un lungo periodo di guerre riuscì ad unificarli, proibendo alla popolazione l’uso delle armi. Stabilì nella città di Shuri il governo, che durò per i successivi duecento anni. In questo periodo si sviluppò ad Okinawa, un’isola dell’arcipelago delle Ryu-Kyu, a sud del Giappone, una forma di difesa senza armi, che divenne poplare presso gli isolani per un motivo molto semplice: era vietato possedere armi. Questa forma di combattimento era consciuta con il nome di To-De.
Sebbene il To-De fosse una disciplina sviluppatasi e maturata ad Okinawa, senza alcun dubbio fu influenzata dal Kempo cinese, cioè la “via del pugno”, impropriamente chiamato Kung-Fu, che significa “duro allenamenbto” (in lingua madarina Ch’uan-Fa ed in quella cantonese Ken-Fa).
Dopo il dominio del re Shohashi, intorno al 1609, il daimyo Shimazu, signore di Satsuma, oggi Kagoshima, occupando Okinawa, ripristinò l’editto che proibiva l’uso delle armi.
Non c’è quindi da meravigliarsi se gli isolani in quel periodo si allenavano nella più assoluta segretezza, essendo l’unica forma di difesa.
Genesi degli Stili
Nelle città di Shuri, Naha e Tomari, già fiorivano delle forme di combattimento chiamate Shuri-Te (mano di Shuri), Naha-Te (mano di Naha) e Tomari-Te (mano di Tomari). Un certo Sakugawa di Akata di Shuri, andò in Cina e ritornò ad Okinawa dopo aver perfezionato il Karate, che fu noto poi come il: Karate di Sakugawa.
Centocinquanta anni fa, un maestro cinese di nome Ku-Shanku, arrivò ad Okinawa e vi fondò una scuola di Kempo.
Da questo mento in poi fu un susseguirsi di interscambio di esperienze tra maestri Giapponesi e Cinesi, in veste di delegati militari in Giappone. I due tipi di scuola principali furono: la scuola Shorin, sviluppatasi a Shuri e dintorni caratterizzata da movimenti agili ed in veloce successione e la scuola Shorei, sviluppatasi a Naha, caratterizzata da posizioni radicate e da movimenti lenti ma pieni di forza.
Attualmente esistono varie scuole, o stili, di Karate, ma le quattro più conosciute, avendo antiche tradizioni sono le seguenti:
– Shotokan-Ryu del Maestro Funakoshi Gichin (1868-1957)
– Gojo-Ryu del Maestro Miyagi Chojun (1888-1953)
– Shito-Ryu del Maestro Manubi Kenawa (1889-1952)
– Wado-Ryu del Maestro Otsuka Hironori (1892-1982)
Insegnamento pubblico del Karate
Durante il periodo Meji (1868-1912) il Karate uscì dalla sua segretezza, e grazie al commissario delle scuole pubbliche, Shintaro Ogawa, nel 1902 venne insegnato nelle scuole. Nel 1906, dopo la guerra russo-giapponese, il Maestro Funakoshi persuase alcuni amici a dare dimostrazioni pubbliche, ed assieme girarono l’isola di Okinawa. Durante gli anni 1914-1915 un gruppo che comprendeva: Motobu, Mabuni, Kyan, Gusukuma, Ogusuku, Tokumura, Ishikawa, Yahiku, ed il maestro Funakoshi, rese pubblico il Karate nelle città di Shuri e Naha.
Fu grazie alle dimostrazioni condotte senza tregua da questo gruppo, che il Karate divenne ben conosciuto dal pubblico, per lo meno ad Okinawa.
Nel 1916-1917 il Maestro Funakoshi, continuando a riscuotere un sempre più largo consenso riguardo al Karate, fu invitato, quale rappresentante di Okinawa, al Butokuden di Kyoto, centro ufficiale delle arti marziali.
Il 6 marzo 1921 l’imperatore Hirohito, allora principe di corona, visitò Okinawa. Il Maestro Funakoshi ricevette il grande onore di preparare e dirigere le dimostrazioni di Karate nelle sale del castello di Shuri. Nel 1922, su invito del ministero dell’educazione fisica, si organizzò la prima esibizione atletica nazionale di Tokyo. Venne invitato a preparare una dimostrazione di Karate il Maestro Funakoshi, che accettò l’incarico.
Finite le dimostrazioni a Tokyo, il maestro sperava di ritornare ad Okinawa, ma ricevette forti pressioni ed inviti da parecchi gruppi: dalla famiglia Sho (discendente dall’ultimo re di Okinawa, Sha-Tai), dal Kodokan, dall’Accademia militare di educaaione fisica ed inoltre da altre dieci associazioni ed organizzazioni che invitavano il maestro Funakoshi a dare delle dimostrazioni e delucidazioni più dettagliate sul Karate.
In questo periodo il maestro ed artista Hohan Kosugi, fece presente al maestro Funakoshi che se lui fosse ritornato ad Okinawa i suoi seguaci avrebbero incontrato delle difficoltà nell’allenarsi, mancando l’istruttore. Da qui la richiesta di avere qualcosa di scritto che spiegasse la “Via”.
Il maestro Funakoshi, avendo già considerato molte volte di stilare degli appunti sulla materia, cominciò a dedicare le sue serate a scrivere un libro (il primo in assoluto sul Karate), che fu pubblicato nel novembre 1922, con il titolo di “Ryu Kyu Kempo: Karate”. Grazie a questo dattiloscritto, il Karate, nel passato insegnato segretamente, si apriva al mondo. Tuttavia, l’anno successivo, le copie del libro furono distrutte dal grande terremoto di Kanto e questo portò alla pubblicazione di una nuova edizione con il titolo di “Rentan Goshin Karate Jitsu” (metodo di irrobustimento e difesa personale attraverso tecniche di Karate). L’ultimo volume del maestro Funakoshi è “Karate-Do Kyohan”.
Il significato di Karate-Do
L’ideogramma che i giapponesi leggono DO, significa “VIA”, termine che si identifica con regola, dovere, modo di vivere.
La “VIA” è una disciplina che permette a chi la percorre di realizzarsi spiritualmente, secondo le proprie potenzialità.